mercoledì 1 agosto 2012

Joyce Carol Oates, Sorella, mio unico amore




Nei personaggi di Joyce Carol Oates rivivono gli invisibili di Verga e gli antieroi della commedia umana. Forse gli stracci che un tempo li ricoprivano si sono trasformati in costumi di paillettes e maglioni di cachemire, ma sotto la pelle levigata dai cosmetici sono ancora bambini, adolescenti, relitti, vinti in un mondo di arrivati. Sono gli sfortunati figli della buona società, anime che si incontrano fugacemente sull’orlo dell’abisso in cerca di un frammento di bellezza, di senso, d’amore. La loro infanzia è stata deturpata dall’ambizione dei genitori e dall’“inferno della stampa scandalistica”, ma in un tempo lontano sono stati bambini: “Cos’è che detestavi di più di quel periodo? / Il fatto di non poter mai dire la verità. E tu? / Il fatto di non poter mai dire la verità”.
Joyce Carol Oates riesce in un'impresa straordinaria: parlare di ciò di cui non si può parlare. Per farlo sceglie un fatto di cronaca che da quindici anni sconvolge la coscienza americana, l'omicidio di una reginetta di bellezza di sei anni. La tragedia porta ormai i tratti del mito e scatena ancora dibattiti sociologici, ma la Oates la rielabora in un romanzo febbrile unicamente in nome di una riflessione complessa e necessaria.
La verità e l’onestà morale (a volte spietata), sono ciò che in molti cerchiamo in uno scrittore. E’ però impossibile non essere colti dall’angoscia di fronte al manifestarsi di una verità scomoda, rimossa e socialmente inaccettabile. L'inferno - ci fa notare la scrittrice - non è altrove, ma si nasconde sotto il velo garbato della normalità. Ed è universalmente accettato.
Nella realtà, JonBenét Ramsey fu trovata morta in casa la notte di Natale del 1996. Il caso è tuttora irrisolto, ma le indagini hanno indicato nei genitori gli unici possibili esecutori. Nel romanzo troviamo l’alter-ego di JonBenét nella piccola Edna Louise (ribattezzata Bliss da una madre desiderosa di dare un nuovo nome alla figlioletta famosa). A raccontarci la vicenda è il fratello Skyler, che a dieci anni di distanza è un adolescente sopravvissuto all’inferno. Skyler è un narratore umanissimo, straordinariamente ironico, un bambino spettrale in cerca di redenzione per colpe che non ha mai commesso.
E non fatevi ingannare dalla paura di toccare l'intoccabile, dall'idea di non fare cosa buona e giusta nel leggere una scrittrice che fa di una vicenda del genere un'opera letteraria. Perchè quello di cui si parla è importantissimo: è il furto dell'infanzia, in primo luogo. E poi c’è la lucidissima descrizione di una cultura in cui l’essere umano - come in un moderno Faust - ha barattato l’anima in cambio di ville, fuoristrada, botulino e psicofarmaci. E in cui - dietro la sacra famiglia borghese e i sermoni domenicali - l’unico dio che conta è il denaro.
Gli scenari della Oates sono dunque grottesche locations da film dell’orrore: ville deformate dall’ambizione e dallo sfarzo, territori popolati dall’assenza e da ricchi disumanizzati. Il coltello affonda in una società che ha trasformato gli esseri umani in fantocci anaffettivi ma l’attenzione nel trattare la vicenda è inappuntabile: non c'è alcuna morbosità, al contrario la Oates brilla per integrità intellettuale e per la capacità di descrivere i sentimenti. Questa scrittrice punta dritto al cuore del mostro: non si lascia confondere, procede verso gli abietti congegni della società svelando l’architettura della mistificazione e le spire potenzialmente assassine dei rapporti familiari.
La sua narrazione non risparmia quelle verità che si preferirebbe non sapere: i figli di questo mondo corrotto hanno “una vita piena di impegni e di obiettivi da raggiungere”, abusano di psicofarmaci e sono sacrificati alla dea Ambizione da genitori arrivisti. Difficile immaginare un’ironia, una speranza, una redenzione. Eppure nelle ultime pagine di Sorella, mio unico amore, l’eroe Skyler  ritrova il bagliore flebile di una parola dimenticata: amore. Forse possiamo davvero salvarci tutti, forse “niente è stato deciso. Non ancora”.


  Silvia Belcastro, "Leggere Donna" 149/2010, Tufani Editore

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